Cosa accade oggi in Italia?, questa era la domanda che ci ponevamo cinque anni fa presentando il numero 8 di «Riga» dedicato alla creazione artistica, visiva, letteraria, teatrale, saggistica nel nostro Paese. Allora, nella primavera del 1995, si era al culmine dell’ennesima moda che affermava l’avvento di una nuova generazione letteraria e artistica. Quasi non si parlava d’altro. Per questo, usando le parole di Amleto - personaggio in cui ci pareva di identificarci per il suo continuo interrogarsi -, ci domandavamo le effettive ragioni di tutta quella agitazione intorno ai «giovani». Lo facevamo in positivo, attraverso la corrispondenza con una generazione di artisti, scrittori, teatranti, musicisti, saggisti, ai quali chiedevamo non tanto: E tu quanto «nuovo» sei?, ma piuttosto: E tu cosa fai? Ci interessavano, in altre parole, le ragioni di un fare artistico che a metà degli anni ’90 ci appariva complesso, sfaccettato, a tratti persino contraddittorio. Eravamo - e ancora siamo - attratti dal «lavoro» degli altri, dalle intenzioni, visioni, modi di intendere l’arte e la letteratura; e questa ci pareva anche la chiave per identificare la particolare situazione italiana, rispetto al resto dell’Europa o all’America. Cinque anni fa - forse non tutti lo rammentano - il problema della rivolta del Nord, le idee di secessione, le dispute sull’identità italiana, occupavano le pagine dei giornali e delle riviste. Perciò intitolare il numero Italia non era allora né un gesto neutrale né disinteressato. Di quel numero, per noi importante, ci era piaciuto il tono e la scioltezza che le lettere consentono, l’intreccio - il nodo, per fare riferimento a un altro numero di «Riga» che ci sta particolarmente a cuore - di confidenze e rigore che si intravedeva nelle dichiarazioni degli artisti, che accompagnavano i lavori pubblicati.
Sono trascorsi cinque anni, abbiamo varcato la soglia del Terzo millennio, tuttavia siamo ancora qui a interrogarci su cosa accade oggi in Italia. Cinque anni sono un tempo troppo breve per determinare cambiamenti d’epoca o svolte radicali. I tempi dell’arte non sono quelli della cronaca o dell’economia; marciano lenti ma sicuri, e soprattutto necessitano di uno sguardo prospettico per coglierne i passaggi. Per questo abbiamo chiesto a trentanove artisti (scrittori, poeti, saggisti, teatranti, artisti visivi…) di intervenire con i loro lavori. Questi autori non costituiscono una tendenza, un movimento, un gruppo omogeneo. Questa non è una antologia esemplare di una tendenza. Questi artisti spesso hanno ben poche cose in comune tra loro. Li avvicina invece un atteggiamento problematico nei confronti del proprio lavoro e della realtà. Ci interessa il loro stile nel fare e nel pensare, la loro apertura e ricerca. Noi stessi non abbiamo assunto uno schema fisso o precostituito sulla base del quale invitare o escludere i contributi da questo numero di «Riga» (qui non ci sono i lavori di artisti che pure ci interessano e con cui siamo in costante relazione). Alcuni autori invitati sono rimasti, ma la maggior parte sono diversi.