Riga n.
Alberto Arbasino
Francesco M. Cataluccio
Farfalle russe

Il mio amico Gario Z., straordinario poeta e traduttore di Mandelstam e di altri gioielli della letteratura russa, è tornato a vivere da alcuni anni a Mosca, dove ha trascorso la giovinezza (figlio di due co-munisti emiliani che lavoravano laggiù) e ha compiuto gli studi. Gario ha una delle maggiori raccolte di farfalle che conosca. Le raccoglie e le studia sin da bambino, tanto da esser diventato uno dei maggiori esperti in Russia. Si racconta che quando una spedizione sovietica scoprì tra i ghiacci siberiani una strana farfalla fossile e fu organizzato un consulto di esperti a Leningrado, tra di essi c'era il piccolo Gario. Nel 1982 scoprì un coleottero sconosciuto che, in suo onore, è stato chiamato Lathrobium Gario. Cosa c'entri questa passione per le farfalle con la letteratura russa (mentre con la poesia è fin troppo chiaro!) non saprei dirlo esattamente, ma, confesso, che Gario mi ha sempre fatto venire in mente Nabokov, uno degli scrittori che ho amato di più.
Con esche fatte di melassa e birra svaporata, un retino delicato e un barattolo col fondo d'ovatta imbevuta d'etere, Nabokov andò a caccia di farfalle tutta la vita. Una passione profonda, e anche un divertente modo per guadagnarsi il pane, in alcuni periodi. Nel 1941, trasferitosi da poco con la fami-glia negli Stati Uniti, ricevette dapprima l'incarico di riordinare la collezione di lepidotteri del Museo di Storia Naturale di New York e, l'anno successivo, dopo un incontro con il professor Nathaniel Banks, direttore del dipartimento di Entomologia del Museo di Zoologia Comparata di Harvard, ricevette l'incarico come «research fellow», sia pure a tempo parziale, presso quella Università, con l'in-carico di riordinare le collezioni esistenti:
«Io mi occupo delle mie ricerche e sono già più di due anni che pubblico brani di un lavoro sulla clas-sificazione delle liceni americane, basata sulla struttura dei genitali (minuscoli, scultorei gancetti, dentini, speroncini visibili soltanto al microscopio), di cui faccio uno schizzo per mezzo di diverse straordinarie apparecchiature, varianti della lanterna magica. [...] Il mio lavoro è inebriante, ma mi sta del tutto estenuando, mi sono rovinato la vista, porto occhiali con la montatura di corno: Sapere che l'organo che stai esaminando non è mai stato visto da nessuno prima di te, tracciare correlazioni che a nessuno prima di te erano venute in mente, immergersi nel meraviglioso mondo cristallino del micro-scopio, dove regna il silenzio, circoscritto dal proprio orizzonte, una bianca arena accecante - tutto questo e così seducente da non riuscire a descriverlo (in un certo senso, ne Il dono "predissi" il mio destino, questo rifugiarmi nell'entomologia)». Così, nel 1945, Nabokov descriveva il proprio lavoro in una lettera alla sorella Elena Sikorskaja. Un lavoro che aveva la divertente connotazione del «guardone».
Sin dall'adolescenza la letteratura e l'entomologia, in lui, si confusero e si sovrapposero, si chiarirono e si completarono a vicenda, nelle azioni e nella sua produzione artistica. Le farfalle si trovano in quasi tutti i libri di Nabokov. Ma forse in nessun altro punto, come nel secondo capitolo di Il dono, dedicato al padre del protagonista, famoso entomologo, lo scrittore russo trasmette con tanta chiarezza la sua passione.
Nabokov aveva sette anni quando iniziò a osservare e raccogliere lepidotteri. A dieci, durante la convalescenza da una malattia, la madre gli regalò alcune importanti opere sulla fauna lepidotterologica europea, trasformando le sue curiosità naturalistiche in un interesse sistematico e in una grande, e precoce, competenza.
Nelle sessantotto poesie, pubblicate in 500 copie numerate nel 1916, le farfalle fanno la loro compar-sa come funeste messaggere. Nel 1919, dopo esser fuggito dalla Russia con tutta la famiglia, si iscrisse all'Università di Cambridge: nell'indecisione su che indirizzo scegliere, frequentò contemporaneamente i corsi di biologia, letteratura francese e letteratura russa. L'anno successivo la rivista «The Entomologist» pubblicava un documentatissimo studio di Nabokov intitolato: A few notes on Crimean Lepidoptera.
L'acuto spirito di osservazione dello scrittore russo si affina con gli studi di biologia. Per la prima volta, Nabokov intuisce un legame tra le sue passioni. Lo dice in una poesia, pubblicata, nel 1923, in russo ma con il titolo inglese di Biology:

La Musa non mi accusa: nella scienza dei palpiti della vita tutto è bellezza [...].
Seziono, sminuzzo, penetro; vedo i muscoli nascosti,
i rami di vene innumeri
e ciò che vedo, con gessetti colorati, riporto sulla lavagna scrupoloso.

Nabokov diviene un «cacciatore» anche in letteratura, attira nella sua rete così come le farfalle colorate lo catturano e si fanno catturare: «Ciò che davvero conta in letteratura è zamanstvo, vale a dire la capacità che l'oggetto letterario ha di incantare, di sedurre a sé il proprio lettore, di catturarlo all'interno dei labirinti del processo stesso della scrittura». Nel momento in cui si apprestava a esordire nel campo della prosa, aveva compreso che «nell'arte, come nella scienza pura, il particolare è tutto». Le vicende umane vanno colte e raccontate con la stessa attenzione alle infinite, piccole, differenze, alla intensità delle sfumature, che permette di scoprire nuove farfalle. Ma questi evanescenti esseri svolazzanti, e le loro abitudini e comportamenti, possono essere anche usate come metafore dell'esistenza umana («la metafora è la passerella di bambù tra la poesia e la prosa»), prestandosi come pochi altri oggetti o animali agli «arabeschi della composizione letteraria».
L'elemento autobiografico, sempre presente nelle opere di Nabokov, accentua la presenza dei lepidotteri in racconti come The Aurelian e Christmas, nel poema On Discovering a Butterfly (dove si cantano le lodi della Lycaeides sarnuelis da lui stesso descritta), nei romanzi Il dono, Fuoco pallido, Ada, Una cronaca familiare e, naturalmente, l'autobiografia Parla, ricordo.
Durante gli anni '40 Nabokov si dedicò quasi esclusivamente ai lepidotteri. Divenne uno dei massimi specialisti dei Licenidi neartici e di quelli neotropicali. Da una lettura delle sue pubblicazioni scientifiche, complessivamente una quindicina, si evince uno spirito sistematico che lo porta ad analizzare, come abbiamo letto anche in una lettera alla sorella, soprattutto gli organi genitali delle farfalle, ai quali attribuiva un'importanza primaria per l'identificazione e lo studio delle parentele fra le specie.
A Nabokov si debbono la scoperta di molte nuove farfalle. In suo onore furono battezzate «nabokovy» quattro farfalle: «Ho descritto molte nuove farfalle americane, ma soltanto una asiatica e una europea (l'Alpes Maritimes, che io stesso ho catturato nel 1938, a Moulinet). E ci sono, inoltre, quattro nabokovy, così battezzate da altri, tra le quali mi è particolarmente cara la Euptychia nabokovy, una minu-scola farfalla della famiglia dei geometridi, che ho catturato a una grande altitudine (9.000 piedi - cioè circa tremila metri) sulle montagne dello Utath, le Wasatch Mountains». In particolare, va segnalata una «farfalla marrone», scoperta da lui nel 1943 e chiamata, nella letteratura scientifica, Nabokov's Nymph: quasi una svolazzante anticipazione di Lolita.
Quando, negli anni '50, Nabokov abbandonò il Museo di Zoologia e si dedicò all'insegnamento della letteratura, le farfalle entrarono anche lì: «Nel mio corso di letteratura cerco di identificare la farfalla notturna che volteggia intorno a una lampada nella scena del bordello nell'Ulisse. E ci sono tre farfalle in Madame Bovary, una nera, una gialla e una bianca». Ma la scoperta più sensazionale di Nabokov è quella che la farfallina nel trittico di Bosch Il giardino delle delizie è un esemplare femminile della specie, comune in Europa, denominata Manila jurtina, «classificata da Linneo 250 anni dopo che il nostro pittore l'acchiappò col suo copricapo in un prato fiammingo per collocarla nel suo Inferno...».
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