Riga n. 12
Pablo Picasso
Francesco Poli
Il surrealismo estremo degli scritti poetici
Il manifesto

In questi ultimi tempi Picasso è ritornato al centro dell’attenzione, a livello di grande pubblico, soprattutto a causa del film di Ivory «Surviving Picaro»: un pessimo servizio all’artista e alla sua arte perché (come nei film su Van Gogh, Caravaggio, Michelangelo) ci si trova davanti al trionfo dei luoghi comuni e degli stereotipi, senza alcun vero interesse per i problemi relativi ala specifica qualità della pittura. Basti dire che (non avendo avuto il permesso di usare immagini di opere originali) anche i quadri che si vedono sono mediocri rifacimenti. E dunque, come sempre, insieme all’osservazione diretta delle opere, ci vogliono i libri, quelli buoni, per approfondire veramente la conoscenza di un artista. Su Picasso, in Italia, si sono pubblicate molte monografie e varie biografie più o meno valide, sempre però di taglio molto generale (e spesso generico). Il merito di Elio Grazioli è quello di aver curato, con grande attenzione, un volume che non intende fare un bilancio dell’importanza e dell’attualità di Picasso (fuori discussione), ma piuttosto stimolare un’apertura verso nuove idee e riflessioni. E questo è stato fatto proponendo una raccolta di poesie e testi critici ormai storici, spesso tradotti per la prima volta in italiano, e alcuni nuovi contributi su aspetti meno conosciuti della complessa galassia creativa picassiana. Il contributo più originale di questo numero monografico di «Riga» - Pablo Picasso, Marcos y Marcos, pp. 420, L. 30.000 – è senza dubbio quello relativo al rapporto di Picasso con la poesia. Da un lato si propone una scelta di testi di poeti amici dedicati al pittore (Apollinaire, Jacob, Reverdy, Aragon, Alberti, Rilke, Neruda) de dall’altro, poesie dell’artista stesso, caratterizzate da un «automatismo» surrealista estremo, che, come del resto le altre poesie, hanno costretto a un vero tour de force i traduttori, anche loro poeti e scrittori. Un lungo saggio dello stesso Grazioli cerca di chiarire il perché della predilezione di Picasso per i poeti (contrapposta a una notevole diffidenza verso i critici). Una seconda sezione è dedicata a frasi, giudizi, battute di Picasso (la più famosa: «Io non cerco trovo»), pubblicate da amici e conoscenti come il suo mercante Kahnweiler, Hélèn Parmelin, Roberto Otero e André Malraux (si potevano anche aggiungere i testi di Brassaï e Sabartes). C’è poi una bella antologia dei testi critici più stimolanti, tra cui quelli di Bataille, Carl Einstein, Michel Leiris, René Char, Francis Ponge e Octavio Paz. Di particolare ampiezza sono i saggi più recenti di Yves Alain Bois, «La lezione di Kahnweiler», che analizza in particolare i punti di vista del mercante tedesco parigino sul cubismo, e quello di Leo Steinberg, «Il finale di partita di Picasso», che affronta l’ultima fase della produzione dell’artista, spesso caratterizzata da una straripante carica erotica. Meno interessante è la poco chiara analisi che Paolo Fossati fa della rivista di Apollinaire «Les Soirées de Paris», e delle opere di Picasso ivi pubblicate (tra cui i rilievi ormai scomparsi). A testimonianza del rinnovato interesse dei giovani artisti per Picasso, il volume si chiude con due brevi interventi per immagini, di Marc Fourquet e Marco Cingolani: due simpatici e ironici omaggi al pittore spagnolo.
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